Non si diventa genitori nel momento in cui il nostro bambino emette il suo primo vagito. È necessario ed indispensabile un tempo per permettere alle future mamme ed ai futuri papà di creare uno spazio mentale per accogliere il loro bambino, inizia a crearsi quel posticino speciale, fatto di desideri, timori e attese che questo bimbo pian piano occuperà il periodo dell’attesa.
In questi mesi prende così forma il bambino immaginario. Nella mente dei genitori si crea l’immagine del loro bimbo: il colore degli occhi, dei capelli, la forma del viso, sarà simpatico come il papà, sarà riservato come la mamma… Tuttavia sono molto differenti i modi in cui mamma e papà fantasticano sul loro figlio.
L’uomo solitamente immagina un bambino già grandicello, col quale condividere momenti di gioco ed esperienze in cui fare delle cose insieme, se lo immagina mentre giocano con le macchinine o mentre fanno canestro con un pallone. La donna, invece, pensa ad un bambino già nato ma ancora piccolo, da proteggere e coccolare, in modo da soddisfare il suo istinto e bisogno materno.
Quando poi il bimbo viene al mondo, il bambino immaginario incontra quello reale e mamma e papà inizieranno così a conoscere in maniera autentica il loro piccolo; certo, alcune fantasie potrebbero essere disattese, ma si potrà scoprire con piacere quanto speciale è quel bimbo proprio nelle sue peculiarità che lo rendono unico.
Al contrario il perdurare della discrepanza tra bambino reale e bambino ideale, la difficoltà ad accettare da parte dei genitori questo bambino reale anche se diverso da quello ideale, può mettere a dura prova l’immagine di sé che il piccolo svilupperà.
Ci sono genitori che, mantenendo intatta l’immagine di un bimbo idealizzato, hanno aspettative decisamente troppo alte, mettendo il loro figlio in costante pressione, poiché sente come impellente il dovere di soddisfare tali richieste genitoriali che, in quanto idealizzate, non potranno mai essere esaudite pienamente. Tale dinamica porta ad un unico risultato finale: insoddisfazione e frustrazione.
Altri genitori tendono, al contrario, ad avere aspettative basse nei confronti dei loro figli. Se si parte dal presupposto che un figlio si vede come pensa di essere visto dai suoi genitori, si può facilmente dedurre che, in questi casi, i bambini iniziano a pensare di valere poco, di non poter farcela da soli perche ‘se non ci credono i miei genitori, punti di riferimento per me fondamentali, perché dovrei crederci io?’. Tali meccanismi inficiano la loro autostima e motivazione.
Riteniamo sia assolutamente naturale nutrire aspettative verso il proprio bambino, ma queste dovrebbero essere ragionevoli e sufficientemente rispettose della natura del proprio bimbo. Ma perché non è così semplice? Cosa succede quando le cose non funzionano in modo così naturale?
In questi casi spesso la presenza costante del bambino immaginario serve per soddisfare i bisogni dei genitori, riparando così a fallimenti e delusioni personali. Le madri e i padri faticano a riconoscere tale aspetto e, anche nel caso in cui lo facciano, tendono a sottovalutarne l’impatto sul figlio, con il rischio che il bambino perseveri nella realizzazione di progetti in realtà preposti dai genitori, senza avere la possibilità di capire i suoi veri bisogni. Questi progetti spesso dipendono dalla storia personale e familiare dei genitori stessi e, in base alla profondità delle loro radici, hanno un’influenza più o meno disfunzionale sulla vita del bambino.
Dalle situazioni in cui i genitori, che hanno la sensazione di non aver ricevuto durante l’infanzia un affetto incondizionato, potrebbero avere la speranza che con il figlio avranno finalmente qualcuno che li ameràindipendentemente da tutto, alle situazioni in cui il figlio diventa un’estensione dei genitori che hanno sogni non realizzati e quindi i figli servono per riparare il loro passato. Riflettere e capire quali siano le proprie aspettative, aiuta a meglio gestirle rispettando così la natura del nostro bambino: queste potrebbero essere le indicazioni da seguire.
Come professioniste, a volte raccogliamo i timori, le fragilità e le paure dei futuri genitori, preoccupati di non essere particolarmente pronti ad affrontare questa importante sfida; a queste mamme e a questi papà suggeriamo di vivere la genitorialità con naturalezza. Se è vero il detto che fare i genitori è il lavoro più difficile del mondo, è vero anche che non è un’impresa impossibile. Essere madre o padre è un continuo mettersi in gioco, un’altalena tra la sensazione di essere un genitore perfetto e la sensazione di non essere sempre all’altezza delle aspettative e richieste dei propri figli. Questa è la normalità.
È altrettanto vero però che diventare genitori fa emergere il nostro essere stati figli e bambini. Non esiste il genitore perfetto, né il bambino perfetto, è facile cadere in errore, alcune volte è altrettanto facile riconoscerlo e rimediare, altre volte le nostre ferite interferiscono nella relazione con il nostro bambino; qualora questo dovesse accadere e ci si accorgesse cha da soli è troppo difficile, chiedere aiuto è il primo passo verso l’accettazione dell’essere un genitore reale, non ideale, e un importante insegnamento per il nostro bambino: “se hai bisogno chiedi aiuto”.
Ai genitori che hanno deciso di leggere queste nostre parole, auguriamo buon lavoro!
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